Qual è la definizione corretta di leggenda? A guardare sul dizionario, troviamo “personaggio protagonista di una vicenda eccezionale”. Ma dobbiamo considerare eccezionali solo le vicende di cavalieri senza macchia e senza paura, che lungo il percorso non sbagliano mai, fino ad arrivare al traguardo? O sono leggenda anche le storie che partono bene, vivono un crollo verticale, e un’altrettanto incredibile salita? Possiamo davvero parlare di “leggenda”, se quest’ultima non si è trovata in ginocchio, con le spalle al muro, sull’orlo del baratro?

Non so rispondere con certezza, quello che so è che Karl Kani mi ha dato l’impressione di essere una leggenda sin dal primo minuto di conversazione con lui. Un uomo che ha costruito da solo un impero, che ha scritto pagine indelebili nella storia dello streetwear e della street culture, che è stato un pioniere vero e assoluto, un OG come pochi altri. Una figura che ha lavorato gomito a gomito con leggende dello spessore di Tupac, e che nei primi anni del nuovo millennio ha vissuto anni di crisi a livello lavorativo, cercando – con le unghie e con i denti – di riacquisire il controllo della propria compagnia. Ce l’ha fatta, e il mondo dell’hip hop, la street culture che aveva contribuito a creare, non l’ha dimenticato: ecco perchè ad inizio del secondo decennio del duemila, il suo logo e i suoi abiti finiscono addosso ai Migos, a Teyana Taylor, ad Ariana Grande. Perché dopo una grande caduta, c’è una grande resurrezione, proprio come un’araba fenice.

Ne ho parlato con lui a Milano, in occasione della tappa italiana del suo tour europeo organizzato da Snipes, per portarlo in contatto con le capitali della moda del vecchio continente. Abbiamo già trascorso una giornata intensa, ma prima di cenare – in compagnia di amici e ospiti come Paola Zukar, Tredici Pietro, The Onigiri Art, Young Goats, Alvaanq, Sgamo e molti altri – gli rivolgo ben più di una domanda; alcune le ho riportate qui sotto, il resto – per tanti motivi – rimarrà tra me e lui.

1 – Sei mai stato in Europa prima di questo tour?

Sono già passato diverse volte in Europa, ma questa è la mia prima volta in assoluto in Italia. Non c’ero mai stato.

2 – Ricordi le prime occasioni in cui sei stato in Europa?

La mia prima volta è stata nel 1996, sono stato ad Amsterdam e poi in Germania.

3 – Ripensando a quegli anni, ricordi di aver visto la gente girare per strada con i prodotti Karl Kani addosso? Come ti sei sentito?

Sì, ricordo di aver visto un sacco di ragazzi indossare i miei vestiti. In quell’occasione sono andato a visitare il primo retailer tedesco in assoluto ad avere la mia roba, Snipes. È stato il primo retailer a credere nel mio brand, abbiamo organizzato una sorta di evento per “introdurre” Karl Kani alla street culture tedesca.

4 – Sei stato in alcuni dei centri nevralgici europei, non solo per la moda ma in tutti i campi – Berlino, Amsterdam, Londra -, quali sono le tue prime impressioni di questo tour europeo? Cos’hai trovato in Europa che negli Stati Uniti non c’è oggi?

C’è una connessione diversa tra il mio brand e il mercato europeo, ed è una connessione incredibilmente vera, reale. Sento che il mercato europeo rispetta la cultura e la capisce, rispetta la storia di questa cultura più di qualunque altro posto. Cioè, nelle università ci sono dei corsi che studiano la cultura hip hop! Per me è stata una sorpresa incredibile: si dedica del tempo a scoprire come le cose sono iniziate, chi le ha iniziate, e solo così si può arrivare all’essenza di tutto ciò. Capiscono chi sono gli OG, gli originatori di questa cultura, e questa è una delle cose che il denaro non può comprare. Con i soldi, a prescindere da quanti tu ne abbia, non puoi comprarti una storia, non puoi comprarti un lascito, un’eredità. Dovevi esserci. Io ho voluto creare qualcosa che lasciasse capire alle persone che c’ero fin dall’inizio. Solo la storia può farlo, è la storia stessa che racconta chi sei e cosa hai fatto. Il mercato europeo lo capisce, capisce cosa Karl Kani rappresenta, lo rispetta.

5 – La tua pagina Wikipedia inglese, nella sezione relativa alla nascita del nome del brand, dice che è nato perchè continuavi a ripeterti “Can I do it? Can I build a fashion empire? Can I become the Ralph Lauren of the streets’?”, e hai trasformato quei “Can I” in Kani. È andata davvero così, o è un po’ di mito aggiunto alla tua figura?

È andata esattamente così. Quando stavo cercando il nome per il brand, volevo qualcosa che avesse un significato, che trascendesse il tempo, che racchiudesse un momento storico preciso. Erano le domande che mi ripetevo in continuazione, mi chiedevo se sarei mai riuscito a dar vita a qualcosa che potesse spingere i ragazzi a voler andare in giro con il mio nome addosso. Era qualcosa di mai visto prima, era stato fatto solo nel mondo dell’alta moda, non era mai successo partendo dal basso. Non l’aveva mai fatto un ragazzo partito dalla strada. Certo, ci sono stati designer che sono venuti prima di me – Ralph Lauren, Tommy Hilfiger, Giorgio Armani e altri -, ma nessuno di loro veniva da dove vengo io, nessuno di loro voleva creare un brand che avesse un proprio stile, un proprio fit, una propria cultura. Ecco perchè abbiamo fondato Karl Kani e abbiamo abbracciato la cultura hip hop fin dal principio. E la abbracceremo per sempre, perchè se non lo facciamo, non saremmo noi stessi. Dopo di me sono arrivati un sacco di brand, ma è stato possibile solo in virtù di quello che io ho creato, del sentiero che ho tracciato. È servito qualcuno come me, qualcuno in cui i ragazzini di strada potessero rivedersi, arrivare al successo, per fargli pensare “ok, posso farcela anche io”.

6 – Hai letteralmente creato la strada per i tuoi successori.

Esatto, sono il loro padrino, loro padre, che lo riconoscano pubblicamente o meno. Anche se non lo dichiarano ai quattro venti, per me è ok. Ma non cercate di riscrivere la storia, non fate finta di aver fatto quello che ho fatto io prima di me, o senza considerare quello che ho fatto.

7 – Negli ultimi trent’anni l’estetica del rap è cambiata tantissimo. Cosa nei pensi dei cambiamenti che l’hanno portata a diventare quella che è adesso? Non ti chiedo un giudizio, ma come hai vissuto questi cambiamenti da persona che è dentro questo mondo per trent’anni. Siamo passati dal lavoro tuo e di brand come Kangol – non cheap, ma comunque accessibili – a riferimenti come Balenciaga e Gucci, brand costosissimi che i ragazzi non possono assolutamente permettersi.

È semplicemente il modo in cui il mercato sta andando ora, è fisiologico, è una fase. Noi come Karl Kani dobbiamo trovare il nostro equilibrio a livello economico, ma non siamo Gucci, non ci interessa esserlo, noi siamo quello che siamo e non abbiamo intenzione di cambiare. Tutto cambierà di nuovo: quanti ragazzi possono permettersi una Balenciaga da 700 euro? C’è chi carica i prezzi solo per i brand, ma le cose cambieranno. L’hip hop è sempre stato in evoluzione, è una cultura comunque legata alla celebrazione di se stessi e dei traguardi raggiunti, è la base di questa cultura. Ma credo che i consumatori faranno sempre la scelta intelligente. Una volta che inizi a lamentarti di come stanno andando le cose, della cultura e di dove si trova in un determinato momento, significa che probabilmente il tuo tempo è scaduto. La cultura non si fermerà, non tornerà indietro, continuerà ad avanzare, devi essere tu a trovare il tuo posto, il tuo spazio, la tua dimensione.

8  – Voi l’avete trovata?

Siamo in un ottimo momento. Abbiamo una collezione sugli scaffali che sta andando benissimo, un’altra incredibile in arrivo, una squadra valida e un ottimo team europeo di designer. Ma soprattutto, abbiamo qualcosa che nessun’altro può avere e che nessuno può portarci via: siamo i padrini dello streetwear, saremo per sempre un punto di riferimento per tutti. E questa cosa sopravviverà a tutti i cambiamenti del periodo, a tutte le oscillazioni, a tutte le fasi. L’hip hop è in continua evoluzione, ma gli OG restano OG.

9 – Dopo trent’anni nel mercato, un Urban Fashion Pioneer Award nel 2002 alla carriera, dopo aver vestito alcune tra le figure più iconiche di sempre, cos’è che ti spinge a cercare di fare sempre meglio, a migliorarti, a rincorrere nuove vette? Da dove arriva la tua motivazione?

Da dove veniamo noi, il fallimento non è un’opzione contemplata. Siamo qui per essere i re, per vincere. Se non vuoi vincere, perchè ti metti in gioco? Per me è così in generale nella vita. Se non hai uno scopo, un obiettivo, un traguardo, se non sei determinato a lavorare duro su qualcosa, ad investire, cosa vivi a fare? Noi abbiamo costruito Karl Kani su queste basi, su questa filosofia. Ovviamente questo non significa essere arroganti o sfrontati: lavori con tutte le tue forze in maniera poisitiva, costruisci qualcosa, andando sempre avanti, senza fermarti. Lo facciamo perchè l’hip hop è la nostra cultura, e questo è l’hip hop. L’hip hop, quello verso, non volta le spalle a se stesso, non si dimentica di te, c’è sempre per te, a meno che non sia tu a rinnegarlo. Ci sono brand che spendono miglioni per “comprare” il supporto dell’hip hop, degli artisti. Io non ho mai dovuto farlo, perchè l’ho sempre supportato io in prima persona, e lui ha fatto e sta facendo lo stesso.

10 – Parliamo un po’ di sneaker ora: cos’è che hai indossato durante questo tour europeo?

Beh, come hai potuto vedere sicuramente un po’ di paia di Jordan non mancano mai nel mio armadio. Parlando di adidas, non potevo non portare con me qualcosa della line Y-3, sono incredibili. Mi sta piacendo molto anche la collaborazione tra Nike e Fear Of God, e anche le Nike con Off-White da corsa uscite di recente. Non ricordo tutte quelle che ho in valigia però (ride)!

11 – Siamo arrivati all’ultima: a quale domanda azzardata risponderesti WHY NOT?

Non saprei, ma sicuramente ti dico che risponderei “No” se un brand che non ci ha mai rispettati mi chiedesse di collaborare. So cosa abbiamo passato, so quali difficoltà abbiamo affrontato, so quante barriere abbiamo distrutto, so quello che abbiamo costruito. Non puoi venire da me e dirmi “abbiamo fatto questo, questo e quello” ignorando il fatto che hai potuto farlo solo perchè io ho letteralmente cementato, anzi costruito la strada per me. Se mi rispetti ti rispetto, ma se non mi rispetti non esisti. A prescindere dai soldi, non puoi comprarti il mio rispetto con i soldi. Sai chi non deve per forza rispettarmi? Ralph Lauren. Ma sai perchè? Perchè lui stava già facendo questa roba prima che arrivassi io. A modo suo, ma prima di me. Se siete arrivati dopo Karl Kani, però, dovete rispettarci.

Intervista e testo a cura di Riccardo Primavera.
Foto: Enrico Rassu.

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